La mia intervista al grande Giancarlo Giannini, che torna al cinema anche come regista

Succede spesso, succede a tutti, di innamorarsi. Di una donna più giovane, della voglia di vivere, di chiudere i conti in sospeso con i ricordi. E’ così, pensando a tutte queste cose, in cui tutti si ritrovano prima o poi, che nasce l’idea del suo nuovo film. Perché Giancarlo Giannini – che dopo vent’anni torna alla regia – non ha intenzione di smettere. Di guardare il mondo, di mettersi a disposizione dei giovani, di sorridere. Esce il 30 maggio, si chiama “Ti ho cercata in tutti i necrologi”, e nel cast ci sono pure F. Murray Abraham e Silvia De Santis. Lui, Giannini, lo incontriamo al cinema Lux, nei panni insoliti del venditore di biglietti, perché sta promuovendo la festa dei film di Roma (fino a venerdì, l’entrata in sala costerà 3 euro, come in tutta Italia), ci tiene, si vede: “Siamo in un periodo bruttissimo, ne dobbiamo uscire tutti insieme. Ma non bisogna rinunciare ad andare al cinema, fa parte della nostra formazione, di italiani, di attori, e di persone con una certa storia da difendere”. Il suo è un passato di attore, doppiatore (tra cui Al Pacino, Jack Nicholson e Michael Douglas), sceneggiatore, per quasi 150 film, e ora direttore del centro sperimentale di cinema. “Sì, nel nostro Paese, pare proprio che tutti vogliono diventare attori: ogni anno arrivano in 600-700, e dopo la selezione ne escono 6 o 7”.

Partiamo dal suo nuovo film, esce il 30 maggio.

“Sono molto soddisfatto di questa pellicola, perché è un modo per trasmettere messaggi, e riuscire ad immedesimarsi nella parte. Molti vivono le esperienze del protagonista: Nikita è un sopravvissuto, un uomo coraggioso, uno che non si perde, ma che riesce al tempo stesso ad innamorarsi, cosa ormai rara. La vera ribellione, al giorno d’oggi, è proprio l’amore: la nostra società a volte ce lo impedisce. Viviamo la quotidianità, con le informazioni che ci arrivano dai media, con grande confusione: a sorpresa, vi dico che la vita va avanti. Stare bene, significa anche lasciarsi andare alle cose piccole, tornare giovani con una donna con cui sorridere: il resto, i problemi, si affrontano di conseguenza”.

E’ tornato alla regia (dopo “Ternosecco”, 1987), perché?

“Perché bisogna reinventarsi, la crisi la viviamo tutti. Dobbiamo continuamente guardare al futuro, e non al passato. Si va avanti, si cresce, a qualsiasi età: basta avere gli occhi aperti, la testa che viaggia, tanta voglia di mettersi in discussione, e tanto coraggio”.

Perché, dice, così tanti ragazzi vogliono fare gli attori in Italia?

“Perché siamo un popolo di attori. Siamo bravi in questo, lo sappiamo. La storia del nostro cinema è fatta di grandissimi nomi, e tutti noi siamo cresciuti con loro. Ogni giorno, ci ispiriamo a questo o quell’attore del passato, anche nelle situazioni che viviamo in un bar o in ufficio. Per noi italiani, vivere una parte, è anche un modo di essere. Per questo c’è sempre un boom di iscrizioni ai miei corsi di recitazione, e che fatica fare le selezioni”.

Ai David di Donatello, per chi fa il tifo?

“Ho visto le candidature, mi piacciono molto. Abbiamo tanti giovani attori, che dovrebbero essere valorizzato con film fatti su misura, o lanciati in grandi produzioni internazionali. Purtroppo, da noi costa tutto tantissimo, e il periodo di crisi nera non sta certo finendo adesso. Teniamo duro, tanto i vincenti usciranno sul lungo periodo, statene certi”.

 E’ sul sito di Vanity Fair

 

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