Ospedale Fatebenefratelli, ingresso, bacheca principale. La gente, i dipendenti, i medici passano e leggono: «Dal 6 dicembre sarà sospesa l’erogazione delle prestazioni ambulatoriali e di ricovero in regime di convenzione con il sistema sanitario nazionale». L’avviso è stato affisso soltanto da due giorni, e nei corridoi, tra le stanze, lungo le scale non si parla d’altro. «Sta per scoppiare il finimondo». Il personale è molto preoccupato per il clima di tagli, di ridimensionamento: sono gli effetti della spending review sulla sanità laziale (2200 posti letto in meno, chiusura di sei grandi poli ospedalieri, stipendi non pagati, il premier Monti che dice «il nostro sistema sanitario nazionale potrebbe non essere garantito»). Siamo sull’isola Tiberina, nel cuore di Roma; fuori sono le tre del pomeriggio, il cielo è basso, grigio, tra pochi minuti scenderà la grandine. «E non soltanto quella».
A parlare, qui, all’ingresso dell’ospedale, c’è Giovanni Salvini, responsabile dell’unità operativa semplice di chirurgia laparoscopica, un tipo molto pratico, svelto, francamente molto piacevole, uno di cui ti puoi fidare se mai dovessi finire in cura nelle sue mani: «Quello che sta facendo Enrico Bondi, commissario straordinario della Regione Lazio, porterà al tracollo: bisogna gridare a gran voce la situazione nella quale ci troviamo. E domani, quando scatteranno le sospensioni alle cure, sarà una tragedia. Venite a guardare con i vostri occhi». È grazie a lui se intercettiamo anche il direttore sanitario, Maurizio Ferrante (l’ufficio stampa, dalla portineria, cerca di bloccarci: «Mi spiace, ci lasci il cellulare e la richiameremo nei prossimi giorni. Avete fretta? Va beh, leggetevi quello che è già uscito sugli altri giornali allora…»).
Dunque, prima le parole del direttore Ferrante: «Qui la situazione è drammatica: quel 7% dettato da Bondi porterà gravi disagi nei prossimi giorni. La gente arriverà domani con la prenotazione, e sarà dura: cercheremo di garantire le cure a tutti, ma ci hanno tagliato i fondi. È come se stessimo lavorando gratis. Cercheremo di salvaguardare le liste: è una promessa questa. Comunque, la sanità italiana è in allarme da tempo, e noi stiamo cercando di farci sentire da mesi: eppure, è come se la gente cada dalle nuvole, o non voglia sentire queste cose. L’avviso che abbiamo appeso ha una data di scadenza fissata per il 31 dicembre, speriamo di non doverlo prolungare». Ma è il dottor Salvini a continuare: «I posti letto verranno diminuiti bruscamente, e sarà un disastro. Seguiranno revisioni del piano organico: dipendenti e precari sono in stato di allerta. Come si legge nelle nostre bacheche, saranno giorni di assemblee e di riunioni, con i sindacati cercheremo di capire. Abbiamo sempre lavorato molto bene: il nostro è un ospedale religioso in regime di convenzione statale, facciamo quattro volte di più di tutti gli altri, in termini di ricoveri, di cure. Tutto è iniziato con i mesi di ritardi nei pagamenti, più o meno da questa estate, e ora sta proseguendo con la riduzione del lavoro. Se domani la gente arriva e non può essere visitata, dovrà aspettare, e magari rifare la prenotazione, spendendo altri soldi, e perdendo tantissimo tempo. Le visite private, non devono essere la soluzione».
Intanto, camminiamo per i corridoi. Sui muri, nelle bacheche, gli avvisi sono questi: «Venerdì assemblea dei medici»; «Discussione sui tagli»; «Giovedì incontro con i sindacati»; «Elenco servizi garantiti». Ci spiega Salvini: «In quest’ultimo avviso, si parla dei casi garantiti: malati di tumore, analisi di laboratorio, tac e risonanza, psichiatria, e ostetricia».
Dunque, la sezione ostetricia e neonatologia è proprio il fiore all’occhiello di questo ospedale: 4200 parti all’anno, e rispetto ai posti letto, è il primo a far nascere bambini in Italia (la Mangiagalli di Milano, viene dopo). «È il nostro primato, ne andiamo fieri. Adesso, vi porto da una persona speciale…». Continuiamo la camminata. Un gruppo di infermiere è riunito a capannello sulle scale: parlano di quello che succederà domani, si mettono le mani nei capelli. Un medico rassicura un’infermiera, un altro fa il punto della situazione con la caposala («con la riduzione dei posti letto, al terzo piano verranno accorpati il reparto chirurgia, ginecologia e urologia»), un altro ancora cerca di dare conforto alla sua assistente: «Qualcosa succederà, le cose non possono implodere così».
Ora siamo nella sala d’attesa più bella dell’ospedale: intorno a noi solo dolci, sorridenti, future mamme. Chi al primo mese, chi ha un pancione che pare esplodere, chi non vede l’ora di sapere di essere incinta. Il dottor Salvini ci presenta un suo collega («ha fatto partorire anche la Bellucci, nel 2004»): il ginecologo Paolo Fusco, la sua voce è rassicurante, gli occhi da buono. «La situazione qui? Speriamo non cambi niente, lavoriamo tanto bene. Il nostro reparto dovrebbe essere garantito. Quello che sarà ridimensionato è il settore delle visite ginecologiche: meno posti letto, meno posti in sala operatoria. Ma le mamme là fuori, almeno loro, devono stare tranquille».
Usciamo. Il nostro giro all’ospedale Fatebenefratelli finisce così, con questo magone. Intanto, sui social network, continua ad essere diffuso quell’avviso. E anche un altro ospedale lo ha appena affisso nelle bacheche, l’Aurelia Hospital. Un ospedale privato, in regime di convenzione. La dottoressa che incontriamo, giù al Pronto Soccorso, è Nathalie Falsetto, donna in gamba e grande professionista: «Ci hanno tolto i fondi, e ci hanno ridotto i posti letto: quando arrivano i casi d’urgenza ci facciamo in quattro, ma siamo al limite della disperazione. Nessuno, fuori di qui, si sta accorgendo realmente della situazione. Ci sono sere in cui siamo soltanto in due, o in tre; possiamo solo incrociare le dita: ma quando sentiamo l’ambulanza arrivare, ormai è troppo tardi…».
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E’ su Pubblico
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Ecco l’avviso:
E questa è la pagina 2 di Pubblico in edicola oggi:
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