Elezioni 2013, casa Pd (2 puntata): fine dello spoglio, dalle lacrime alla fuga
Qui nessuno sorride. Nessuno ha pensato nemmeno alle bottigliette d’acqua. Nessuno del Partito Democratico ha commentato le votazioni nelle ultime ore di spoglio (per quattro ore, dalle dichiarazioni ufficiali, mancavano solo loro). Triste, solitario y Final, come direbbe Osvaldo Soriano. Peccato che siamo in Italia, e che la vittoria del Centrosinistra (non da solo, certo) la davano per scontata in molti. Invece, la disfatta; o per tanti: la vergogna. Per questo è scattata la fuga, dai microfoni, dai taccuini, e dalle tv.
Ad urne appena chiuse, gli istant poll per il Senato davano il Centrosinistra avanti, passata un’ora, ecco che nelle prime proiezioni il centrodestra lo supera, e Grillo diventa il primo partito. Poi, il distacco viene ripreso dalle proiezioni del Viminale, ma i dirigenti del Pd iniziano a defilarsi, e qui, nella Casa dell’Architettura, dove tutti all’inizio rilasciavano interviste slanciate verso l’entusiasmo, spariscono all’improvviso. All’inizio c’era Gentiloni, c’era Orfini, c’era Fiano, c’era la Concia, c’era Zoggia, c’era Fassina. Da fine pomeriggio in poi, c’è stata solo la Garavaglia. Seduta su una sedia, davanti al maxischermo, silenziosa.
Fuori di qui, intanto, parlavano tutti. Le televisioni laterali che mandavano Alfano, si è sentito Ingroia, persino Grillo dai vari computer collegati al web, tutti. Qui, invece, tutti in ostaggio, senza sapere niente delle prospettive che si aprivano: altro che alleanza con Monti sì o no, e le infinite discussioni che hanno animato la campagna elettorale. Il flop delle liste collegate al Presidente del Consiglio e l’incredibile rimonta del Pdl, che dalla Lombardia al Veneto, dalla Sicilia alla Campania, ha conservato la maggioranza in tutte le regioni indispensabili per fare il pieno a Palazzo Madama, rendono infatti impossibile la formazione di una maggioranza di centro-centrosinistra al Senato.
Qualcuno si lascia scappare “quando parlerà Bersani, capiremo cosa dovremo fare”. Bersani, che tutti hanno dato prima a casa, poi al secondo piano di via Sant’Andrea delle Fratte, poi di nuovo a casa. E da lui, silenzio assoluto. Ma poi parla Matteo Orfini: “Se sarà possibile mettere insieme una coalizione di governo, un governo ci sarà, ma se così non fosse siamo di fronte a uno scenario che produce un dato di ingovernabilità, una cosa che temevamo anche per una legge elettorale indecente. Ma non si può pensare di mettere insieme tutto e il contrario di tutto”.
Siamo alla fase finale, quando mancano solo qualche centinaio di scheda da scrutinare. Arriva Enrico Letta, il vice segretario: “Ringraziamo i milioni di elettori che hanno sostenuto il Partito Democratico, che consente di essere in testa al Senato e alla Camera. Un Senato senza maggioranza, e quindi una situazione al limite, che il Paese non ha mai vissuto. La responsabilità è la parola che useremo anche questa volta. E rimandiamo al Presidente della Repubblica le nuove scelte da fare. Abbiamo capito che l’elettorato si è ribellato: molti italiani hanno seguito proposte molte ideologiche, basta pensare a quella dell’Imu. Quella è un tipo di campagna elettorale lontana alla nostra. Poi, c’è la credibilità della politica, crollata per via di scandali, che deve trovare risposte molto forti anche da parte nostra. Ma noi siamo più credibili di altri: è questa sarà la nostra sfida adesso. La verità non è alternativa alla speranza”.
La vittoria alla Camera è molto risicata in termini percentuali, e i democratici diventano il primo partito ma con un margine molto ridotto, insidiati dal boom del Movimento 5 Stelle. Bersani ancora non ha detto niente. E c’è già chi, qui, in questa sala, è pronto a scommettere su un ritorno in pista di Matteo Renzi, in tempi strettissimi. L’unica certezza è che centinaia di palloncini colorati, legati insieme sul soffitto, sotto un telo di plastica nero, non sono esplosi. E la tristezza di quando li porteranno via, non ha paragoni.
E’ sul sito di Vanity Fair
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