Ecco la prima domenica di Papa Francesco…
Lo chiamano tutti. Accidenti se è amato. Sorprende ogni cosa, qui. Pure ogni cosa dice: poi viene il suo sorriso, la sua calma, la mano che ti mette sulla spalla. E’ da poco finito il primo Angelus di Papa Francesco, e la gente è ancora qui nella piazza che ripete le sue parole. “Ha detto buona domenica”, dice la signora che fatica a camminare con il suo bastone alla mano; “Ha detto buon pranzo”, risponde l’amica settantenne; “Questo Papa è un mito”, dice il ragazzo con i capelli ingellati alti; “Non ne sbaglia una”, gli fa eco la signora con l’impermeabilino stretto in vita. L’idea che si è diffusa, qui, tra migliaia e migliaia di persone che sono venute a sentire dal vivo le prime parole da piazza San Pietro del papa di Buenos Aires, è che ora “qualcosa di sicuro cambierà”. Poi, c’è da dire, questa folla è impressionante, fa venire i brividi: non si vedeva dai tempi dei funerali di Wojtyla. La Maratona di Roma alle spalle, e da via delle Milizie in avanti, è solo un enorme blocco di fedeli e no, di brasiliani e francesi, di tifosi del rugby, di seminaristi, di famiglie, di coppie, di ragazze con il cane, di anziani del quartiere Prati, di bambini delle scuole, di striscioni (tra i tanti, visto un “Francesco ci sei simpatico”; e un “Francesco sei la primavera”), di bandiere (quelle dell’Argentina, quelle italiane), di maglie della squadra del San Lorenzo de Almagro sventolate in cielo o indossate sopra il giubbino di pelle.
E lui, il Papa, nel suo primo discorso dal balconcino, ricambia. “Grazie”, dice. E poi rincuora, abbraccia con le parole: “Siamo qui per salutarci, parlarci, in una piazza che grazie ai media ha le dimensioni del mondo”. La folla piange, e ride. E’ commossa, è immensa. E lui non smette un attimo di fare centro, pure quando dice, per due volte: “Il Signore non smette mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere il perdono”. Effetto immediato, l’ovazione, che si sente pure al Gianicolo, dove il cannone di mezzogiorno ha sparato dopo che il Papa si è affacciato e ha detto le prime frasi. Il colpo d’occhio è da evento eccezionale, come quando ti fermi sui dettagli delle persone presenti. Sugli occhi in lacrime di qualche mamma, sulle mani nei capelli delle signore che, come dicono loro, eppure di papi ne hanno visti tanti.
Il Papa, parla anche del suo legame con l’Italia, così, a braccio. Dice: “Ho scelto il nome di Francesco, in onore al patrono di questo Paese, Francesco d’Assisi. E per via del mio legame favoloso con questa terra. Come sapete le origine della mia famiglia vengono da qui, dall’Italia”. E’ così che ora quattrocentomila persone presenti, fino in fondo a via della Conciliazione, fino al Lungotevere, gridano forte “Viva il Papa”, strillano, improvvisano cori per dissimulare la commozione. Il Papa parla anche di “romani”, e i romani presenti si fanno sentire più degli altri, fieri, impettiti, felici di essere chiamati in causa. Quello che dice: “Bella Francé”; quello che grida “annamoooo”; e l’altro che urla: “…’anvedi come me piace sto Papa”; quello che sussurra all’amico: “Non so manco le due, e già me viene da brindà”; oppure gli urlano “Francescone nostro, er Papa perfetto”.
Prima dell’Angelus, anche una messa nella chiesa di Sant’Anna. E il suo incontro con le persone, fuori dal portone: le ha salutate tutte, per un’ora. Ha salutato anche il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro. Ha scambiato due parole pure con il vecchietto del quartiere, famoso per i suoi tic. Ha parlato anche con i bambini, li ha baciati sulla testa. Mal sopportava chi gli si chinava davanti, chi voleva baciargli la mano. Eppure, arrivano tutti. Con gli elicotteri che ci giravano in testa fin dalle prime ore dell’alba. Con la sicureza che metteva transenne e blocchi del traffico, fin dalla notte. E quando lui dice “E’ ingiusto condannare le persone”, mancava solo in sottofondo la musica di un film di Luis Bunuel.
E’ sul sito di Vanity Fair
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