Sparatoria davanti a Palazzo Chigi, la mia ricostruzione della scena
Gli agenti indossano divise impeccabili. I pantaloni con le righe. E i nodi delle cravatte ben stretti. Camice bianche, linde. “L’uniforme”, dice il responsabile della scientifica, “è la pelle dei cittadini”: e rimane anche lui a guardare la piazza. Come tutti, uomini dell’arma e curiosi, politici e turisti. Largo Chigi, il portone del Governo a venti metri. Quello che è accaduto stamattina, qui, su questi sanpietrini, è piuttosto complicato da immaginare. Erano le 11.30, un uomo sui cinquanta arriva da piazza Montecitorio gridando “sparatemi, sparatemi”, ripete solo queste parole, poi estrae una pistola (si saprà dopo essere una calibro 22, e lui non avere il porto d’armi), e spara (a caso) verso il gruppo di Carabinieri (sesto battaglione Toscana) che stava di pattuglia vicino alla fontana. Ne colpisce due, uno alla gola e l’altro alla gamba. Cadono a terra. Immediatamente altri carabinieri si gettano sull’attentatore. Altra sparatoria, questa volta è lui ad essere ferito. A terra, ammanettato. Una scheggia, rimbalza fino ad una donna (incinta) e viene ferita pure lei. Arrivano le ambulanze. Ospedale San Giovanni, per loro. Sui sanpietrini rimangono le tracce di questa tragica sparatoria. La scientifica fa dei cerchi con lo spray giallo intorno ai sei proiettili, e il punto esatto della scena completa è ora disegnata a terra, indelebile.
Quello che le telecamere non rimandano, nelle televisioni di tutto il mondo che sono accorse numerose (molte hanno lasciato di fretta la sede del Quirinale, dove stava giurando il nuovo Governo presentato ieri da Enrico Letta, davanti a Napolitano), sono le facce delle persone. La gente ha gli occhi sgranati, i testimoni sono ancora scossi. Qualcuno, che si è dovuto proteggere buttandosi a terra o nascondendosi dietro alle macchine di passaggio, è ancora stordito. C’è Luca, del negozio di vestiti di Galleria Colonna, che ha visto tutto: “Scene da film americano, siamo allo sbando”. C’è un ragazzo con gli occhiali, si chiama Tommaso, era di passaggio davanti a palazzo Wedekind, sede del Quotidiano il Tempo, che dice: “Ci siamo spaventati a morte, pensavamo fossero più persone, perché i colpi che si sono sentiti sono stati tanti”.
Dopo meno di un’ora dalla scena, arrivano le prime informazioni da parte del capo pattuglia di servizio a largo Chigi: “Nessuno è in pericolo di vita, la preoccupazione rimane alta, ma il gesto era di un uomo isolato”. Per l’esattezza: Luigi Preiti, anni 46, di Rosarno (Reggio Calabria), era in giacca e cravatta, scuri entrambi, aveva appena perso il lavoro (muratore, in provincia di Alessandria), si era separato da poco dalla moglie, ed era entrato nel giro dei videopoker. Nessun precedente penale, per lui. Non fa resistenza, quando viene messo a terra e ammanettato, ma urla “non sento le braccia, non sento le braccia”. Altri dettagli, li fornisce il fratello, Arcangelo: “Non era uno squilibrato, è sempre stato lucido, non lo vedo da agosto, era tornato a vivere con i nostri genitori in Calabria. Siamo allibiti, non capiamo cosa può essergli passato per la testa”. Gli agenti feriti sono Giuseppe Giangrande, 50 anni, e Francesco Negri, di 30: brigadiere ed appuntato.
Ora, qui nella piazza, continuano ad arrivare i politici, gli onorevoli che hanno appena giurato sulla Costituzione. Anche il sindaco Alemanno arriva, e dice, a caldo: “Episodio isolato, esclusa la matrice terroristica. Questo è il risultato del clima di odio, e di inciviltà che si respira contro le istituzioni”. Poi, è il momento del nuovo ministro degli interni, Angelino Alfano: anche lui guarda la piazza, vuole farsi un’idea con un colpo d’occhio dal vivo, su quello che può essere successo, e immaginare la scena. Dirà: “Il tragico gesto criminale è stato operato da un disoccupato, che ha manifestato subito dopo l’intenzione di volersi suicidare, ma che non ha potuto effettuare a causa della fine dei colpi nella sua pistola”. Anche Pietro Grasso,, presidente del Senato, parla a caldo: “Manteniamo la calma, avviamo un periodo di serenità: lavoro e economia al primo posto”. Continuano anche a stare qui, dietro alle transenne e alle bande gialle tirate dai poliziotti, anche i turisti e i passanti. Tutti fanno domande, altri dicono di aver visto. Secondo gli investigatori, invece, “l’uomo voleva compiere un gesto eclatante”; spiegano così la sua azione. Non si parla d’altro. In tutta la zona intorno. Fino a piazza Venezia, verso fontana di Trevi, in prossimità di piazza del Popolo. Qui, tutti, stanno cercando di capire, si fanno domande sul perché. “Sparava come fossero birilli”, è la frase più riportata da chi ha visto la scena. L’edicolante, che quando ha sentito gli spari, è corso subito fuori dal suo gazebo, dall’altra parte di via del Corso, ripete: “Abbiamo avuto paura, abbiamo paura”.
E’ sul sito di Vanity Fair
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