Fanny Ardant, la mia intervista a lei, e ai sui ricordi: da Gassman a Antonioni a Truffaut, a Gainsbourg e Johnny Hallyday

I capelli – inaspettatamente – biondi, e magnificamente raccolti. Quel portamento elegante. La pelle bianca, morbida, la stessa che convinse Francois Truffaut, Vittorio Gassman, Ettore Scola, Michelangelo Antonioni, Marcello Mastroianni. L’ultima diva. Fanny Ardant. Proprio lei. Qui, a palazzo Farnese, per la serata di premiazione dei Globi d’Oro, organizzata dall’Ambasciata di Francia. Dai suoi occhi si sprigiona un guizzo, un lampo di vitalità, quando le fai la domanda giusta, e in cui si ha l’impressione di scorgere pure una dose di non scontata ironia. “Questo cartoncino con scritto cosa dire, per chi è?”, chiede all’incaricato che distribuisce i foglietti per il momento delle premiazioni. “Cioè, io dovrei dire quello che mi dite voi? Io? Non scherzate, dai…non dirò mai qualcosa che uno mi dice di dire!”. A 64 anni. La Ardant, così. Premierà Franco Zeffirelli, per la carriera. E di lui dirà (a braccio, naturalmente): “E’ la sua umanità che mi ha sempre toccato: continua ad essere sempre rapido di testa; ed è sempre riuscito a capire quello che andrà forte, un gran fiuto per quello che c’è nell’aria”.  Qualche foto, e in quel momento – mentre acconsente – sprigiona quello sguardo altero che ci si aspetta da una diva. Cinque scatti, non uno di più.

Lei ha lavorato con i più grandi del nostro cinema…cosa non sappiamo di loro?

“Ho lavorato con persone che hanno fatto il cinema italiano, perché erano grandi persone.  Se penso a Vittorio Gassman, penso a quanto sono stata fortunata: lui aveva un amore spregiudicato per i legami, per i fili sottili che legavano storie, amicizie, personaggi. Scola, invece, per me è stato un grande maestro,, anche di vita. Antonioni, beh, era di un’intelligenza rara e delicata. Mastroianni, infine, aveva l’eleganza e la voglia di vivere che il tempo con lui pareva fermarsi”.

E Truffaut?

“Non so se c’è qualcosa che ancora non avete capito, voi italiani, di Truffaut: perché io penso chiunque, lo abbia trasformato, modificato, interpretato a modo proprio. Sono uscite tutte le sue facce: ma alla base era di una semplicità assoluta. I film che faceva lui per il cinema, era dei gioielli, dei capolavori, che riecheggiano continuamente nelle teste di tutti. E la sorpresa nel riguardarli, nel capire in maniera diversa personaggi come Antoine Doinel, lo rendono eternamente bello”.

Lei a Roma riesce a girare tranquillamente?

“Io non sono una che esce di frequente. Sto molto in casa. L’Italia, e Roma, sono gli unici posti che mi accolgono per le strade: penso al quartiere dietro al Colosseo, di cui vado matta, o a via dei Serpenti, o a Trastevere. Roma è come Parigi, diversa di metro in metro, e se proprio devo dirla tutta: ho trovato un grande fervore culturale, e politico, che mi ha colpito parecchio. Tra la gente. E al cinema: ho fatto un’abbuffata di film italiani, nelle vostre sale”.

Cosa ha visto, al cinema?

“Beh, la Grande Bellezza, dove ho fatto un cameo. E l’ho trovato meraviglioso. Poi, Miele, un film veramente prezioso. Ne ho visti parecchi, tutti di classe. Avete dei grandi registi, e seppur con pochi soldi, per via della crisi, avere inventiva, idee, la vostra arte sapete mostrarla a tutti. E poi io sono sedotta dalla vostra musica…soprattutto quella d’amore”.

Musica d’amore, non ci aspettavamo un genere diverso, da lei. Che cantanti ascolta?

“A me piace piangere ascoltando dei testi d’amore che prendono il cuore e te lo strappano. Sono malinconica, sono sentimentale, sono drammatica. Ho pianto, piango con Mina, con Luigi Tenco, con Celentano. E mi piacciono sia le canzoni napoletane, sia l’opera lirica, sia la musica classica. Se devo dire un genere meno scontato, nella mia personale classifica, metto Serge Gainsbourg al primo posto, in cima: lui è il genio indiscusso. A scendere, inserisco pure Johnny Hallyday, che a 70 anni è in giro per tutta la Francia coi suoi concerti: lui, oggi, è la nostra Tour Eiffel, è il generale De Gaulle”.

Cosa farà, prossimamente?

“Aspetto l’uscita del film che ho girato come regista, Cadences Obstinées. Ma solo perché l’ha fatto una donna, non voglio che si dica che c’è dietro l’occhio femminile, sarebbe una banalità assoluta. L’occhio femminile lo possono avere anche gli uomini. Non ho mai capito la differenza che intendono i critici tra donne e uomini: vai al cinema e trovi bello un film, una ripresa, la bellezza è dietro qualsiasi mano. Poi, farò un film con un regista esordiente: mi piace lavorare con un giovane, in una sua opera prima, è un continuo mettersi in discussione”.

Qual è il suo sogno, ancora da realizzare?

“Mangiare cioccolato. Noir, per la precisione. E tanto. Perché mi sono sempre trattenuta dal farlo”.

 

E’ sul sito di VANITY FAIR

Ps: le ho anche detto che il mio cane di chiama Antoine Doinel (lei ha avuto un figlio da Truffaut, lei può capire…). Mi ha risposto: “Antoine Doinel? nome e cognome? così lungo? come fai a chiamarlo?”. E io: “Sì, lo chiamo solo per cognome, infatti. Doinel. A volte, abbreviato con Dua”. Lei: “Mi sembra una trovata geniale…”. La amo.

 

 

 

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Comments (3)

  • Pingback:Colorare i cani, che follia… - A spasso con Antoine Doinel

  • Beh, che dire…in alcune pose mi ricorda alice pagani…

    ciao gab, come stai?

    un baciogrande

    fede

    Federico
    Rispondi
    • Fedeeee…che bello sentirti, qui!
      Sto bene, sto bene…tu??
      Sai che sono andata a trovarla, Ali?! Sono andata a Genova quattro giorni, e siamo state chiuse in casa a fumare e ridere e fumare e ridere e mangiare e fumare e ridere e ricordare e mangiare e ridere, tutto il tempo…te lo ha raccontato?
      Come mi manchi, Fede! Quando vieni a Roma? Eddai…ti aspetto, vieni a casa mia, c’è sempre posto per te, lo sai (dopo che abbiamo condiviso una tenda di un metro per un metro a marsiglia, cosa ci può dividere, oramai?).
      Amicipersempre.
      Baci veri.
      gabri.

      gabriella
      Rispondi

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