Nobel, quello che Bob Dylan non ritira e quello che a Marie Curie consigliarono di non ritirare
Dopo che ho sentito la storia di Bob Dylan che non va a ritirare il Nobel, mi è venuta in mente questa di Marie Curie, quando le chiesero di non andare a ritirare il suo, di premio Nobel. E invece…
(storia che racconto nel mio spettacolo 1927 – Monologo Quantistico…per sapere come averlo nel teatro della vostra città, vai sulla home page del mio sito!)
C’è un aneddoto magnifico che mi è venuto in mente dopo aver letto di Bob Dylan e del ritiro del premio Nobel che non avverrà mai. Si tratta di un altro Nobel, assegnato nel passato, per la precisione ben 105 (cento cinque) anni fa. Ora ve lo racconto.
E’ il 1911, a Parigi come nel resto del mondo. Marie Curie (già Nobel in fisica nel 1903) è vedova da cinque anni, Pierre Curie muore nel 1906 per un fatto accidentale, travolto da una carrozza mentre attraversa Place Dauphine, e lei in segno di lutto, e in ricordo del marito, indossa abiti neri da quella data tragica, dalla testa ai piedi. Sempre, mai un colore diverso. Sempre, tranne da qualche settimana, in cui la Curie ha ripreso a mettere un abito blu scuro, poi un’altra volta un abito marrone, una volta addirittura azzarda anche un maglione blu con dei piccoli fiori rosa.
Ma c’è una giornalista a cui questo dettaglio non sfugge. Una giornalista che scrive su Le Figaro. Dovete immaginare i fisici del XX secolo come delle vere e proprie rockstar dei giorni nostri, ogni cosa che facevano uscivano sulle prime pagine dei quotidiani. Dicevamo: a questa giornalista non sfugge la nuova mise, della Curie. Sicura di fare uno scoop, entra di nascosto a casa della Curie e si mette a rovistare tra le carte sulla sua scrivania, cerca, cerca, cerca, fino a trovare delle lettere, delle lettere d’amore, firmate Paul Langevin. Paul Langevin era un fisico di grande riferimento in Francia, era stato anche collega di Pierre Curie, e la sua reputazione era impeccabile: padre di quattro figli, sposato. La stessa giornalista, fa la stessa cosa in casa di Paul Langevin, entra in casa, rovista tra le sue carte e trova le lettere di Marie Curie. Decide di pubblicarne una parte.
Da quel momento, la stampa francese intransigente del periodo scatena una forma di odio nei confronti della donna, e quella che fino a pochi giorni prima era considerata la madre devota, l’aiutante solerte, diventa per tutti: la polacca, la ladra di mariti. Non può uscire di casa che Marie Curie viene ricoperta d’insulti. Paul Langevin è costretto a combattere cinque duelli per salvare l’onore, lascia la famiglia, e la storia tra i due finisce. Marie Curie è quella che accusa di più il colpo, in qualsiasi posto va, viene sbeffeggiata, derisa, insultata.
Succede anche questo: proprio qualche giorno dopo lo scandalo, riceve una telefonata da Stoccolma, e le dicono che ha vinto il suo secondo premio Nobel (in chimica, stavolta), ma le chiedono anche di non (non) andare a ritirare il premio Nobel a Stoccolma, per non far arrivare lo scandalo fin da loro.
Marie Curie, non sapeva cosa fare. Non poteva uscire di casa, l’odio verso di lei non faceva che aumentare per le strade. Ma ad un certo punto riceve una lettera per posta. La apre, e legge questo messaggio:
“Non rida di me se Le scrivo senza avere nulla di ragionevole da dire. Ma sono talmente in collera per le maniere indecenti con cui il pubblico si sta ultimamente interessando a Lei, da sentire il dovere assolutamente di dare sfogo a questo mio sentimento.
Ad ogni modo, sono convinto che Lei coerentemente disprezzi questa gentaglia, sia che questa elargisca ossequiosamente stima nei suoi confronti sia che tenti di soddisfare il proprio appetito per il sensazionalismo! Mi sento spinto a dirle quanto io sia arrivato ad ammirare il suo ingegno, la sua energia e la sua onestà, e che mi sento fortunato ad aver avuto la possibilità di conoscerla di persona a Bruxelles. Chiunque non appartenga a questa schiera di rettili è certamente felice, ora e anche prima, del fatto che abbiamo tra noi persone come Lei, e anche come Langevin, persone reali rispetto alle quali si prova il privilegio di essere in contatto. Se la gentaglia dovesse continuare a occuparsi di lei, non legga quelle fesserie ma piuttosto le lasci ai rettili per cui sono state prodotte.
Con i miei più amichevoli ossequi a lei, Langevin e Perrin,
cordialmente,
Albert Einstein”
Dopo aver letto questa lettera, piena di affetto e stima, il cuore di Marie Curie si riempie di gioia. E così prende una decisione: decide di andare a ritirare il premio Nobel, sale le scale che la portano a ritirarlo con due ali di folla ai lati, e lei a testa alta cammina, ancora più fiera di prima.
Ora, beh, pensando a questo aneddoto, che Bob Dylan non vada a ritirare il premio Nobel, diventa un fatto di molto meno interesse.
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