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1) Lei racconta sei donne che hanno cambiato il mondo attraverso la scienza; come le ha scelte?
Ho scelto queste sei donne dopo aver riflettuto a lungo sull’immagine del femminile che ci arriva dall’attualità e dalla vita di tutti i giorni. Io sono fisica, e sono come preciso e puntale il dovere di raccontare le donne della fisica che mi hanno preceduto. Perché le loro battaglie, le loro conquiste oggi rappresentano i nostri punti di partenza per continuare nel cambiamento e nel coraggioso percorso che loro ci hanno lasciato intravedere. Queste sei donne le ho scelte con l’idea di metterle insieme in un puzzle e creare un ulteriore altro profilo che ci rappresenta tutti. Loro, le sei donne che hanno cambiato il mondo, sono così diverse, così complementari, così imperfette. Di queste sei donne mi piace raccontare le loro imperfezioni, perché sono i loro difetti, le loro angosce, le loro paure a rendermele umane. E così le mie ricerche le ho fatte seguendo questo filo, che mai ci è arrivato certo dai libri di scienza che li usano a scuola, men che meno dai racconti di professori o i media. Perché Marie Curie è ricordata solo per essere la creatrice della radioattività? Perché Lise Meitner se si racconta qualcosa di lei è solo per essere stata la madre – a sua insaputa – della bomba atomica? Le ho tirate giù, una ad una, dal piedistallo, e le ho fatte vivere di fianco a me. Sentivo questa esigenza di farlo anche per il fatto che nella nostra società i riferimenti stanno diventando troppo deboli, troppo melliflui, troppo inutili. Io racconto di Marie Curie, di Lise Meitner, di Rosalind Franklin, di Mileva Maric, di Emmy Noether, di Hedy Lamarr: tutte così simili a noi nelle nostre insofferenze. E specchiandoci in queste donne che ci hanno preceduto vedremo riflessa la parte di noi stessi di cui prenderci cura come il prezioso dei regali della vita.
2) Che cosa è cambiato per le donne nell’impresa scientifica rispetto a quei cinquant’anni del Novecento?
Ora le cose sono decisamente diverse, proprio perché sono già passate loro. Le donne che racconto io sono state le prime a voler abbattere i luoghi comuni, le frasi fatte, i preconcetti, gli stereotipi sulla donna che frequenta una facoltà scientifica. E siccome l’hanno già fatto loro, risulta fuori tempo massimo incappare di nuovo in quegli errori. Per questo oggi escono allo scoperto con più facilità le frasi stereotipate. E domani saranno sempre di meno. E se proprio vogliamo dirla tutta non è certo all’interno degli ambienti scientifici che bisogna andare a fare le pulci in questo senso: i drammi veri si vivono da altre parti. I centri di ricerca scientifica sono dei ponti di pace dove si lavora fianco a fianco per un fine, e si va avanti, e si progredisce. Non fai caso se di fianco hai un israeliano, un palestinese, un buddista, un uomo, una donna, perché c’è qualcosa di più grande che si sta inseguendo. Io ho lavorato per due anni all’Ecole Polytechnique di Parigi, nel Laboratoire Luli, e quelli sono stati gli anni più belli della mia vita. Poi una volta uscita pensavo che il mondo fosse tutto così bello, ho frequentato altri ambienti, e ho visto che le cose non stavano proprio così. All’interno dei luoghi della scienza la situazione oggi è cambiata, è in continuo progresso, ma bisogna insistere in questi concetti per arrivare a chiunque, perché è da fuori che arrivano i pericoli più grandi. Ci sono ancora troppo poche ragazze che si iscrivono alla Facoltà di Fisica, ad esempio. Solo il 10% dei laureati sono donne (è la percentuale minore, per la Facoltà di Matematica sono al 50% ad esempio, per ingegneria sono al 20%). Ancora oggi c’è qualcuno che chiede stupito alle ragazze ‘Vuoi fare fisica? Ma cosa farai dopo?’. In America e in Francia avere un fisico o una fisica in un gruppo di lavoro (qualsiasi lavoro) è il valore aggiunto, è la pepita inestimabile, è l’obiettivo ambito da molti. Da noi, al massimo, in un gruppo di lavoro, ambiscono ad avere un avvocato (ma per un altro motivo). Per questo le ragazze che vengono ai miei spettacoli a teatro o comprano i miei libri si sentono più forti dopo. E aumentano sempre di più. La palla di neve diventerà presto una valanga.
3) Le protagoniste del suo libro sono state pioniere; chi sono oggi, nel terzo millennio, le scienziate eccellenti?
Le donne del mio libro, però, non sono solo loro. Ho approfondito anche la storia di tutte le donne della scienza e della fisica, da Ipazia fino ai giorni nostri. Poi ho approfondito queste sei con l’idea che loro piacevano anche ad Albert Einstein, e visto che io sono pazza di Albert Einstein (nella mia personalissima classifica dei fisici più grandi di sempre lui è al primo posto, indiscusso, al secondo metto Erwin Schroedinger, anche se a volte in questa posizione ci metto altri), piacevano anche a me. Perché Einstein rappresenta il cambiamento, la rivoluzione, la fantasia al potere (vi anticipo che il mio prossimo romanzo che uscirà a settembre 2018 sarà tutto su di lui, si chiamerà “Einstein e io”, edito da Salani, clicca qui; e debutterò il 24 settembre alla Sala Umberto di Roma con il mio nuovo monologo teatrale che lo racconta, si chiamerà “Einstein & me”, clicca qui). Per questo lui ha già selezionato per noi quelle donne, e oggi piacciono anche a me. Einstein voleva che la fisica la capissero tutti, e parlava più volentieri con quelli che usavano parole semplici per farla comprendere (gli altri li chiamava i paludati accademici). Per questo oggi le donne della scienza di cui mi nutro sono quelle che sanno trasmettermi qualcosa di più dei loro studi e dei loro approfondimenti scientifici. Io ho contatti con i centri di ricerca sparsi ovunque, e i miei riferimenti sono le fisiche che sanno raccontarla, la fisica. Niels Bohr (antagonista di Einstein nella creazione della fisica quantistica) diceva: “Non saremo noi fisici teorici, non saremo noi fisici sperimentali a cambiare il mondo, lo saranno i fisici che avranno fatto propria l’arte di raccontarla”. Come vedete non c’è riferimento al fatto che il fisico debba essere donna o uomo, e spero che anche da noi, e nei nostri giorni, si arrivi a questo. I bambini l’hanno già capito. Basta andare a vedere al cinema quello che vanno a vedere loro per saperlo. Comunque, per rispondere alla sua domanda: mi piace Lisa Randall, la prima donna a prendere la cattedra di fisica teoria a Princeton, è fotografata sulle copertine di Vogue per la sua bellezza; e mi piace Pardi Sabeti, di Teheran, suona in una band, gira in skateboard, dirige un laboratorio ad Harvard. Ma le scienziate eccellenti sono tutte quelle sconosciute ai più, di cui quotidianamente leggo sulle riviste del settore, dei vari centri di ricerca, e che mi scrivono sui social network dicendomi di continuare a fare questi racconti della fisica nei miei romanzi e nei miei monologhi a teatro perché il mondo deve cambiare. E non trovano certo spazio in altri media.
….e poi ci vediamo IL 23 settembre 2018 ore 21 alla Sala Umberto di Roma per il mio nuovo monologo EINSTEIN & ME (clicca qui, regia Cinzia Spanò), produzione Viola… Mentre il mio nuovo romanzo, da cui è tratto questo monologo, è EINSTEIN E IO ed esce il 20 settembre 2018 per Salani (clicca qui)…non vedo l’ora, c’è già il link per prendere il biglietto CLICCA QUI!!!
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