Mi è successa una cosa incredibile, pazzesca. Ora vi racconto tutto… Aula Magna dell’istituto Bachelet, piano terra.
L’altro giorno mi è successa una cosa incredibile, pazzesca. Sono ancora emozionata adesso. Ieri l’ho raccontata ad un mio caro amico, ho corredato il racconto con le foto che mi arrivavano sul telefonino e i messaggi che mi mandavano i ragazzi ininterrottamente, e la sua reazione è stata quella di mettersi a piangere. Gli è arrivato tutto. Per questo motivo, ho capito che questa storia che mi è capitata, nella sua unicità, imprevedibilità, potenza, devo assolutamente raccontarla a tutti.
Dunque, sono stata invitata in una scuola, un istituto omnicomprensivo, dove ci sono diversi indirizzi al suo interno, tantissime classi, roba che da soli potrebbero riempire una stadio di calcio di provincia. Si chiama istituto Bachelet, e io ora credo, ne sono convinta, che i ragazzi che lo frequentano siano ragazzi speciali. Pure le professoresse, persone magnifiche, forse sono magiche. Dicevo: sono stata invitata in questa scuola per parlare ai ragazzi nella grandissima Aula Magna. All’inizio l’impresa mi sembrava faticosa: mi facevo mille domande, come facevo a tenere l’attenzione di tutti, come facevo a trasmettere tutto a ciascuno di loro, come facevo se non potevo guardarli negli occhi uno per uno, se non potevo poi sentire la loro voce in risposta alla mia. La prima rassicurazione mi è arrivata dalla professoressa (Maria Ferrucci) che mi ha accolto in aula, la 5b. Mi ha fatto entrare, visto che ero arrivata con molto anticipo, e mi aveva fatto fare una prova di dialogo con i ragazzi (a mia insaputa): io mi sono messa subito nei banchi di dietro, non davanti a tutti, non stavo facendo una lezione. E così loro sono stati costretti a girarsi, a cambiare prospettiva, e a faticare per starmi dietro. Lei mi faceva domande, e io rispondevo. Domande sulla mia vita, domande in cui l’aggiornavo sul mio percorso personale: di studi, di fermento, di sogni. Un passaggio fondamentale in questa storia è che lei è stata anche la mia maestra durante gli anni della scuola elementare. Per noi voleva dire aggiornarci sugli ultimi 30 anni. Mi chiedeva della mia laurea in fisica, dei miei anni come insegnante nei licei, dei miei viaggi, dei miei reportage in giro per il mondo per giornalismo, dei mie sogni realizzati e di quelli ancora da realizzare, mi chiedeva dei particolari su tutti i lavori che ho deciso di fare nella vita, come durante gli anni di laurea quando insegnavo anche nuoto e poi durante l’università che facevo la guida di montagna, e poi che andavo ad arrampicare, e poi mi chiedeva come ho fatto a diventare giornalista, e poi come ho iniziato a scrivere libri, e poi come ho riempito la prima pagina, e poi come ho trovato i contatti per scrivere ed essere pagata, poi dei miei anni alla Gazzetta dello Sport, poi del mio passaggio in televisione, poi delle interviste più importanti che ho fatto nel corso degli anni, poi del mio metodo di studio, poi degli argomenti che decido di approfondire nei miei libri, poi della mia passione per Einstein, per la fisica quantistica, per la vita degli altri, per trovare continuamente stimoli, e poi della mia sete di conoscenza che ormai è chiaro a tutti è il mio unico mantra. I ragazzi della 5b avevano gli occhi incollati sui miei, non mi lasciavano un attimo sola, ascoltavano e rielaboravano, erano reattivi, erano molto svegli. Suona la campanella, e tutti usciamo dall’aula, per avviarci per la gloriosa Aula Magna. Ecco, in quel momento, quando tutte le classi di ogni corridoio che facevamo uscivano e si riversavano in coda, mi stavo accorgendo che sarebbero stati veramente tanti.
Arriviamo sul palco, mi presentano, e io inizio a parlare. Maria, la grande orchestratrice, proietta sul maxi-schermo alle mie spalle la pagina del mio sito, e le immagini che scorrono dietro accompagnano il mio monologo. Parlo del mio percorso professionale, e poi in particolare dei miei ultimi due libri. Vedevo gli occhi di questi ragazzi brillare, vedevo la luce nei loro sguardi, avevano la luce nella testa e me la rimandavano ad ogni frase che usciva dalla mia bocca. Riesco ancora adesso a ricordare esattamente le facce, una per una, di tutti questi ragazzi (ma quanti erano? tremila forse), che non si perdevano nemmeno una mia parola, nemmeno un mio sospiro. Con loro parlare di fisica è stato come parlare di calcio. Gli ho raccontato del mio monologo (che dovevo ancora finire di studiare, e quindi ho fatto la prima grande prova di presentazione con loro) che farò nelle librerie per riuscire a vendere qualche copia del mio libro (Dove nasce la nuova fisica) e loro erano lì, ad ascoltarmi per capire se poteva andare bene. Ascoltavano le storie di Einstein, di Marie Curie, di Schrodinger, come se non desiderassero altro. Due ore. Due ore così. Due ore di monologo con loro, e due bellissime. Sulla bellezza, ho poi concluso tutto il mio discorso. E con un consiglio: non dovete avere paura di essere belli.
Prima di andare via, poi, sono stata inondata dal loro affetto. In tantissimi, uno per uno, sono venuti da me per dirmi che sì, hanno capito quello che dicevo. Che sì, da quel momento in poi avrebbero sognato di più. Anche i ringraziamenti dei professori me li porterò nel cuore. Così come le lettere, le email, i messaggi su whatsapp che mi sono arrivati nelle ore successive. Ora, senza violare la privacy di nessuno, qualche messaggio lo copierò qui sotto. Perché quelle parole scritte da questi ragazzi mi hanno riempito il cuore, mi hanno sfamato l’anima. E perché hanno fatto piangere il mio amico, quindi qualcosa vogliono dire. Quindi condividerli vuol dire crescere insieme, e cercare insieme di cambiare il mondo con piccole cose. Che poi sono le cose più importanti. Quella scuola è un posto magico. In quella scuola, l’ho capito ora, fanno lezioni sulla vita.
(ho scritto questo post di getto, senza rileggerlo, spero di aver trasmesso tutto quello che questi ragazzi mi hanno donato…ora però devo rispondere alle loro email strepitose…e nella vita non credo ci sia qualcosa di più forte, potente di tutto questo)
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Buongiorno,
Mi hai cambiato la vita.
Ho capito che devo inseguire I miei mille sogni, ho capito che non devo avere paura perché io sono più forte di lei.
Ho un sogno che mi gironzola ogni ogni giorno nella mia mente ma c’e qualcosa ogni volta che …non so spiegarlo, é come se me lo impedisse di raggiungere.
Spero di diventare una GRAN DONNA COME TE… GRAZIE….
Ciao Gabriella, sono XXX, una delle ragazze che sabato 30 gennaio hai incontrato nella classe della professoressa Ferrucci (Maria). Ti ho scritto sia per allegare le foto (le quali non sono venute molto bene) fatte durante l’incontro tenutosi in aula magna, sia per ringraziarti.
Volevo dirti che la tua storia e tutte le tue parole mi hanno ispirata molto e mi hanno fatto capire molte cose, soprattuto la parte che riguardava i nostri sogni e ciò che vorremmo fare della nostra vita e per questo ti ringrazio davvero tanto!
Poi volevo dirti che ti stimo molto come persona perchè sei arrivata a dei grandi traguardi grazie alla tua volontà, grazie alle tue forze. Sei davvero una grande Donna e un giorno spero di arrivare anche io a certi traguardi!
Mi piacerebbe davvero tanto incontrarti nuovamente, a me e anche a tutte le mie compagne di classe, speriamo che ci sia la possibilità.
Di nuovo grazie mille!
Tanti saluti, XXX
Ps. Ti informo che abbiamo preso in considerazione l’idea di aprire un sito internet per la nostra classe e che presto quest’idea diventerà una realtá 🙂
Sei magica, l’ho capito la prima volta che ti ho incontrata! Con affetto. Luciana