Su Repubblica in edicola racconto la fisica Lisa Randall, il suo mondo, e l’intervista che le ho fatto…
For the newspaper La Repubblica I wrote an article about the physicist Lisa Randall and her world. After a long chase, finally I did the interview with her. She is one of my current heroine of women in science (I even talked about her at the end of my book “six women who changed the world”, Bollati Boringhieri editore)!
Su Repubblica in edicola oggi (mercoledì 24 aprile 2019) c’è un mio nuovo racconto: si tratta di una dei miei riferimenti (nel mio libro “Sei donne che hanno cambiato il mondo” la cito alla fine, quando parlo delle donne attuali della scienza che fanno battaglie), Lisa Randall, la prima donna a prendere una cattedra di fisica teorica al Mit, a Princeton e a Harvard (dove tutt’ora insegna), luoghi del potere maschilista assoluto che da anni non permette alle donne di andare avanti (figuriamoci vincere un Nobel), l’ho inseguita ovunque, e alla fine ce l’ho fatta ad intervistarla.
E domani (25 aprile) sono ospite a Roma in diretta del programma di Giovanni Veronesi su Rai Radio2 poco dopo mezzogiorno (“Non è un paese per giovani”)…e trovo tutto questo molto figo. Sintonizzatevi e commentiamo sui social, ok?
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di Gabriella Greison (Cambridge, Massachusetts, USA)
Questo è un inseguimento, un pedinamento, più che un’intervista. Dosando parole, spostamenti. Facendo altro, ma è il pensiero fisso che conta. Tutto è iniziato un anno fa. Ma è sulle lunghe distanze che si ottengono risultati, lo dice anche la fisica. Infatti, anche qui, in questa storia c’è il lieto fine. Forse per sfiancamento, approssimazioni successive le chiama lei. Questa è la storia dell’incontro con Lisa Randall e il suo mondo: la donna che dall’America smonta da sola i luoghi comuni che ruotano intorno alla fisica, alle donne, e al loro racconto.
Dunque, Lisa Randall è una fisica stimata dalla comunità scientifica internazionale per le sue ricerche in campo cosmologico, il suo contribuito alla scoperta del Bosone di Higgs, il suo universo a quattro dimensioni. E’ la prima donna ad aver ottenuto la cattedra di fisica teorica a Princeton, al Mit e ad Harvad (dove tutt’ora insegna), roccaforti del potere maschilista indiscusso. Lo stesso potere che ha impedito a Lise Meitner di vincere il Nobel per la fisica nucleare, in tempi recenti a Jocelyn Bell di firmare la scoperta delle pulsar, alla Normale di Pisa di avere ordinarie donne in campo scientifico. “Ma la vera sfida oggi è condividere il messaggio positivo di fare scienza, malgrado tutte queste storie scoraggianti”, dice. Di tutto questo si può parlare con lei. Dopo aver assistito ad una sua lezione ad Harvard, ascoltato una sua conferenza a Barcellona, esserci mancate per un soffio a Parigi, saltato sei appuntamenti, bevuto alla stessa caffetteria del Charles Hotel vicino all’Università di Harvard, Cambridge, Massachusetts, USA. E’ imprendibile. E quando ce la fai, puoi farle domande di soli cinque secondi, oltre si annoia.
Partiamo dalle donne nella scienza, e dalla storia ingrata che ci accompagna: come si sente ad insegnare ad Harvard?
“E’ qualcosa di più di un semplice posto all’università. E’ ancora difficile ricoprire un ruolo per una donna, perché è dura essere ascoltate. Il mondo scientifico è ancora un posto per maschi, le cose non cambiano da un giorno all’altro. Se le donne hanno successo, per loro la situazione può essere più difficile. Più che gioire per me, è necessario essere tristi per quello che le università si sono perse finora”.
Qual è la soluzione oggi?
“La soluzione non può arrivare con imposizioni artificiali, tipo un numero di donne predefinito in un gruppo di lavoro, ma facendo avere a tutti le stesse opportunità. Il cambio del mare sotto cui ci muoviamo, per proseguire la rotta, deve arrivare da chi sa influenzare le correnti, con il sostegno. Senza la protezione degli uomini, le donne hanno ancora difficoltà”.
Come aveva reagito alle parole del professor Strumia e alla sua teoria sessista?
“Ha detto cose ridicole, facili da respingere. Ma non ha fatto nessun danno, è solo uscito allo scoperto. I danni le fanno le persone che non vedi, che lavorano dietro alle quinte, quelle che impediscono promozioni, sono loro le vere insidie nei percorsi professionali. Il vero lavoro di chi sta sopra è quello di smascherare questi silenti, che hanno la faccia da buoni e dicono cose impeccabili, ma che nella realtà ti schiacciano e fanno fuori”.
Lei è apparsa sulla copertina di Vogue per la sua bellezza, e ha fatto un cameo nella serie tv The Big Bang Theory: qualcuno le ha detto qualcosa?
“Solo gli stupidi fanno commenti sul fatto che una fisica può essere bella. E anche tramite queste cose che si arriva al pubblico generalista per il racconto della fisica”.
Come viene insegnata la fisica nelle scuole?
“Ci si avvicina sempre da soli alla fisica, ma in modo diverso, quindi non c’è una risposta a questa domanda. L’apprendimento della fisica non deve essere finalizzato ad un voto, non deve essere punitivo. La scienza non si muove tra il giusto o lo sbagliato, ma con approssimazioni successive. E il pensiero creativo è alla base della fisica”.
Qual è l’obiettivo della sua ricerca attuale?
“Cambia continuamente, quello che pensi sia il problema da risolvere ad un certo punto è un altro. In generale, le grandi domande a cui rispondere sono: cosa possiamo imparare dai buchi neri; il tasso di espansione dell’universo e le sue conseguenze; la comprensione della materia oscura”.
La foto del buco nero dell’EHT, come la commenta?
“Vedere un buco nero è interessante. Lo sarà ancora di più raccontare come quelle immagini si muovono, variano, evolvono. E’ questa la discussione più bella che ora sta per iniziare”.
Ps: altra cosa che fa sempre la Randall è criticare i titoli dei giornali quando nell’articolo si parla di donne e scienza. E quello che dice Trump. Ma questa è un’altra storia.
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E domani (25 aprile) sono ospite del programma di Giovanni Veronesi su Rai Radio2 poco dopo mezzogiorno (“Non è un paese per giovani”), sintonizzatevi e commentiamo sui social!
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