Ero ospite a #Sapiens sabato sera su RAI TRE puntata sul metodo scientifico… (ecco il testo completo del mio intervento)
Sono ospite a #Sapiens nella puntata di sabato (27 aprile 2019) in prima serata su RAI TRE…per la terza volta!
Questa volta parlo del metodo scientifico: quello di Galileo, di Leonardo, di Einstein, di Stephen Hawking e di Kip Thorne!
A breve allego il testo completo (come ho fatto per la scorsa puntata) del mio intervento, così se ci sono tagli dovuti ai minuti televisivi il lavoro non è andato sprecato comunque…
-> ecco il link con uno stralcio del video (che mi avete mandato) caricato sul mio canale youtube: clicca.
La cosa bella di questi miei interventi nel programma Sapiens (condotto da Mario Tozzi, racconto come è nata l’idea qui) è che ho il vestito di scena di Mileva addosso. Piccolo ricapitolo per chi non sa niente: Mileva è Mileva Maric, la prima moglie di Einstein (anche lei fisica), si sono conosciuti tra i banchi del Politecnico di Zurigo, con lei ha avuto i figli, poi dopo vent’anni si sono lasciati e Einstein è diventato Einstein. Beh, io quest’anno ho portato in scena per 50 repliche (e porterò in scena ancora per molto) il mio monologo “Einstein & me” (info qui) nei panni di Mileva, e avevo quest’abito rosso. Che ormai mi contraddistingue. Perché rappresenta tante cose: i sogni che si realizzano, la forza, la sicurezza, la solidità…i valori, la libertà. Insomma, venite a vedere lo spettacolo, e vedrete che vi arrivano tutti questi stimoli… La prossima stagione, tra le date in programma, c’è anche la settimana al Teatro Elfo Puccini di Milano, e non vedo l’ora!!!
Ecco il testo del mio intervento a Sapiens:
Puntata METODO
27 aprile 2019
di Gabriella Greison
Uno un fisico se lo immagina sempre con gli occhialini piccoli davanti agli occhi, che se ne sta chino sulle sue carte, senza mai vedere la luce. Ma non è così. La storia della scienza è fatta di fatti sconvolgenti, di paradossi, di gatti dentro le scatole, e di big bang… per aver creato tutto questo, per aver maneggiato così a lungo i numeri, gli scienziati dovevano aver avuto delle vite incredibili.
Prendiamo Archimede, 200 a.C. Pare sia sempre stato un tipo loquace, parlava con tutti e anche da solo. Archimede trascorse la maggior parte della sua vita, vita interamente dedicata alla ricerca e agli esperimenti, in Sicilia, a Siracusa e nei dintorni. Durante il sacco di Siracusa, nel corso della seconda guerra punica, Archimede fu ucciso da un soldato romano mentre era assorto nei calcoli; si narra che questi lo trafisse poiché non ricevette risposta alle numerose ingiunzioni di seguirlo. Molti non sanno che sulla sua tomba fece incidere quello che lui stesso considerava il suo teorema più bello: il fatto che sia la superficie, che il volume di una sfera inserita in un cilindro che la contiene esattamente, è 2/3 della superficie, o del volume, del cilindro stesso. Cicerone dice che quando andò in Sicilia ritrovò la tomba, ormai malandata, con l’incisione, e la fece restaurare, ma oggi è andata perduta. La medaglia Fields (l’equivalente del Nobel per la matematica) sul davanti ha la faccia di Archimede, e sul retro la figura del cilindro con la sfera dentro: evidentemente, anche oggi è difficile trovare un teorema più elegante e facile da illustrare, ma sicuramente non banale.
Voliamo nel Rinascimento, e incontriamo Leonardo. Un altro genio e sregolatezza della scienza. Siete mai stati a Clos-Lucé in Francia? Mai? Dovete assolutamente andarci, c’è un castello molto suggestivo, la sua ultima dimora: quando si entra dentro, tutt’oggi, sembra di entrare nel suo studio. Studio molto creativo, il suo. Tra le curiosità su di lui, ci sono queste: alcuni dei suoi disegni più belli non sono tanto quelli a fantasia sciolta dei codici vari (da vinci compreso), ma le illustrazioni che fece per il libro del suo amico Luca Pacioli sulla divina proporzione. La Gioconda non è sua, ma è l’autoritratto della sua cameriera, che essendo una donna pratica, era scettica sulle sue assurde invenzioni, e lo guardava sempre con lo sguardo enigmatico. Fu Leonardo a dimostrare quello che Weyl chiama il “teorema di leonardo” nel suo libro sulla simmetria: cioè, la classificazione dei tipi di simmetria centrale, quella dei rosoni o delle cupole.
Inizi del 600, Galileo Galilei. Sul lato umano, il povero Galileo, era una pessima persona. Fece un patto con la sua convivente a Padova: che quando fosse andato in cattedra a Firenze, l’avrebbe lasciata con i figli. Una specie di “dico” ante litteram. Il granduca lo chiamò e nel girò di un giorno sparì dalla famiglia. Quando la madre delle due bambine morì, Galileo le mise in convento, benché non avessero nemmeno l’età per entrarci. Una gliela giurò a morte, e non lo volle più vedere. L’altra, suor Celeste, gli rimase affezionata tutta la vita, e gli scrisse molte lettere toccanti.
XX secolo, Albert Einstein. Albert Einstein da ragazzo era il classico studente che si mette in fondo all’aula e tira palle di carta ai compagni mentre il prof è di schiena. Un tipo molto simpatico. Un perdigiorno, uno scansafatiche, a Zurigo durante gli anni al Politecnico saltava le lezioni e ciondolava da un tavolino all’altro al Cafè Metropole, gli piaceva oziare, lo consigliava a tutti “oziate, state a casa, non lavorate, riposatevi”, gli piacevano le code, le file, le attese per attraversare la strada, gli orologi a pendolo. Crescendo, acquisì un suo metodo di lavoro, al punto da meritarsi l’appellativo “lupo solitario”, lavorava poco tempo ma in maniera molto efficace, e sempre da solo, chiuso in stanza, diceva che la solitudine dovrebbe essere insegnata nelle scuole da quanto è importante per la creatività. Aveva la passione per i treni, in miniatura e reali. Da adulto divenne un abile intrattenitore di folle con una certa propensione per aneddoti e immagini ad effetto, per raccontare la fisica in maniera semplice e divertendosi.
Archimede, Leonardo, Galileo, Einstein. I creatori del metodo scientifico, ovvero un sistema di operazioni mentali controllabili e ripetibili. Un fisico, per capire la fisica, ce l’ha innato questo metodo, anche nell’approccio alla vita di tutti i giorni. Quando a Kip Thorne, fisico, e recente Nobel hanno chiesto come è riuscito a scrivere Interstellar, lui ha risposto: “Senza un buon metodo scientifico sfido chiunque a muoversi per anni tra produttori e star di Hollywood, avrei solo perso molto tempo”.
Dopo le feste, il 2 maggio si va in libreria…esce LA LEGGENDARIA STORIA DI HEISENBERG E DEI FISICI DI FARM HALL il romanzo…e si può già ordinare -> clicca qui!
Qui c’è il primo trailer -> clicca!
Ecco la copertina (molto pop, in linea con le altre della serie di quando mi occupo di ricostruzioni storiche basate su fatti o scienziati della fisica del XX secolo).
È il quarto della serie, e ne vado fiera. La pagina che lo racconta è qui: CLICCA QUI!
E poi c’è il debutto del nuovo monologo: LA LEGGENDARIA STORIA DI HEISENBERG E DEI FISICI DI FARM HALL il monologo teatrale…debutta il 10 maggio 2019 al Teatro di Sori, produzione Teatro Pubblico Ligure, regia di Sergio Maifredi…i biglietti vanno a ruba, ecco il link per trovarli -> clicca qui!
Ora i monologhi che porto in tour sono quattro!
Il mio calendario con tutte le date del tour di quest’anno è al solito link, clicca.
E poi c’è il mio podcast: CANTICO DEI QUANTI da scaricare (ora su Audible c’è la serie completa), tutte e le 16 puntate di file, per circa sei ore di chiacchiere sulla fisica quantistica ->clicca qui!
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